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Laboratorio di Ricerca Innovation Tecnology

La realtà aumentata per il trattamento delle Fobie Specifiche

 

L’innovazione tecnologica ha apportato un importante contributo nel campo della salute mentale. La possibilità di utilizzare le nuove tecnologie all’interno dei trattamenti terapeutici offre ai clinici nuovi strumenti d’intervento e facilita, nel caso delle Fobie Specifiche, la richiesta di un trattamento.

La Fobia Specifica

 

La Fobia Specifica, in accordo con la definizione del DSM-5 (APA, 2013), è un disturbo caratterizzato da ansia e paura marcate relativamente ad uno specifico oggetto o ad una particolare situazione. Il soggetto evita attivamente l’oggetto o la situazione fobica o le affronta con ansia e paura intense.

Gli adulti riconoscono che l’ansia e la paura sono sproporzionate rispetto al pericolo reale; tuttavia, queste emozioni e i conseguenti evitamenti possono causare disagio o difficoltà rilevanti a livello sociale, lavorativo e in altre importanti aree del funzionamento.

In associazione all’ansia e alla paura eccessive l’individuo può sperimentare una serie di sintomi fisici (tachicardia, tremore, sudorazione, ecc.), avere convinzioni erronee circa lo stimolo fobico e mettere in atto comportamenti protettivi o evitamenti. I comportamenti protettivi e gli evitamenti sono i principali fattori di mantenimento della fobia specifica.

I comportamenti protettivi sono delle strategie di coping attuate con l’obiettivo di ridurre l’ansia: un esempio è indossare guanti o indumenti protettivi in giardino per prevenire il contatto con gli insetti. L’evitamento avviene allontanandosi dallo stimolo fobico o dalla situazione che provoca paura.

Sia gli evitamenti sia i comportamenti protettivi, sebbene favoriscano la riduzione di ansia e paura nell’immediato, a lungo termine mantengono il disturbo confermando le convinzioni della persona circa la pericolosità dello stimolo fobico (“il ragno non mi ha morso perché indossavo i guanti”).

Il DSM-5 distingue tra cinque sottotipi di fobia specifica:

• animali (es. ragni, insetti, cani);
• ambienti naturali (es. altezze, temporali);
• sangue-iniezioni-ferite (es. aghi, procedure mediche invasive);
• situazionali (es. ascensori, aeroplani);
• altro (es. situazioni che possono portare al soffocamento o al vomito).

Il trattamento delle Fobie Specifiche

 

Nonostante le fobie specifiche siano tra i problemi psicologici più comuni, sono raramente il motivo principale per il quale si chiede un trattamento.

La difficoltà nella richiesta sembra correlata alla presenza dell’ansia e della paura limitatamente allo stimolo fobico ed alla presenza di una serie di comportamenti volti ad evitarlo.

Diversi studi hanno dimostrato l’efficacia delle terapie basate sull’esposizione nel trattamento delle fobie specifiche (Richard et al., 2007), considerando la parte espositiva una componente comportamentale di un protocollo terapeutico più ampio.

Questo protocollo è utile al soggetto per prendere distanza critica dalle credenze irrazionali legate allo stimolo fobico e verificare che le conseguenze da lui temute non sempre si verificano.

Esposizione in vivo

 

All’interno dei protocolli terapeutici tradizionali l’esposizione avviene in-vivo (contatto diretto con lo stimolo fobico) o a livello immaginativo (immagini mentali dello stimolo). L’esposizione in-vivo prevede il confronto graduale e ripetuto del soggetto con lo stimolo fobico, in modo sistematico e controllato, prevenendo la messa in atto dei comportamenti protettivi e dell’evitamento.

L’esposizione in-vivo presenta, tuttavia, delle limitazioni:

• circa il 25% delle persone con fobia specifica che richiede una terapia, una volta ricevute le informazioni sulle procedure della terapia espositiva rifiuta o abbandona il trattamento (Marks, 1978; 1992) considerando il confronto diretto con lo stimolo fobico troppo minaccioso (Choy, 2007);

• lo studio del terapeuta non sempre è un ambiente adatto e potrebbe risultare difficile spostarsi nelle situazioni di cui il paziente ha paura (es. paura di volare);

• il terapeuta non può sempre controllare l’ordine con il quale lo stimolo appare e la sicurezza dell’ambiente in cui avviene l’esposizione, difficoltà che aumenta quando sono necessarie più esposizioni.

La realtà virtuale

 

Le difficoltà emerse dagli esiti dei trattamenti basati sull’esposizione in-vivo e l’introduzione delle nuove tecnologie ha orientato la ricerca verso un’alternativa meno minacciosa e più praticabile, portando all’introduzione dell’esposizione in realtà virtuale.

L’esposizione in realtà virtuale prevede l’esposizione del soggetto in un ambiente completamente virtuale all’interno del quale è inserita una rappresentazione, sempre virtuale, dello stimolo fobico.

L’utilizzo della realtà virtuale per l’esposizione dei soggetti a situazioni simulate, difficili da replicare nello studio del clinico, ha riscosso molto interesse nel trattamento delle fobie specifiche. La disponibilità dei soggetti a questo tipo di esposizione, inoltre, è maggiore rispetto all’esposizione in-vivo e l’efficacia non appare compromessa (Powers e Emmelkamp, 2008).

I dati relativi all’efficacia della realtà virtuale per l’esposizione nel trattamento delle fobie sono numerosi (Botella et al, 2005, 2010; Choy et al., 2007), così come i dati relativi all’incremento dell’accettazione a partecipare rispetto all’esposizione in-vivo (Garcia-Palacios, 2007).

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